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STATTE BBONA MADONNA MIA

Occhi che guardavano imploranti, mani che erano  tese verso l’alto e che avrebbero voluto toccarla, sguardi penetranti che hanno espresso  le proprie ansie, i propri progetti e le proprie speranze. Questo era il quadro, dipinto già infinite volte, che nuovamente si poteva ammirare questa mattina dopo la festa di Santa Maria Assunta in cielo, popolarmente conosciuta come  “la Madonna d mizz d’agust”.

IMG-20160816-WA0007.jpgAl termine della celebrazione eucaristica, presieduta da Don Giuseppe Clemente, Il simulacro di Santa Maria di Merino, dopo  “essere sceso” dal trono, è stato posto sulla piccola portantina per passare  lentamente tra le file della gente ed essere quindi riposto nella nicchia abituale.  Mentre le campane suonavano a festa e nel cielo di Vieste erano rimbombanti i 21 colpi dei fuochi d’artificio,tutti cantavano i canti popolari che, se sanno di nenia, sanno anche di storia, di poesia e di tanta devozione.

Il periodo mariano che Vieste vive dal 30 aprile fino al 10 maggio di ogni anno e quello vissuto più in sordina nel periodo compreso tra il 6 e il  16 agosto,  con la  toccante cerimonia della reposizione, termina dunque così.

In questi giorni tanti l’hanno guardata ed invocata, tanti hanno deposto ai suoi piedi le loro speranze perchè qualche grazia venga esaudita.

Chiusa nella propria nicchia alla venerazione del popolo, rimarrà fino al prossimo 30 aprile quando, con grande concorso di popolo, la nostra città di Vieste rinnoverà la propria gioia per poter nuovamente essere accanto a Lei nel grande arcobaleno di fede, di devozione e di tradizione.

“Statte bbona Madonna mia”. Recita cosi un canto popolare che i fedeli cantano, con voce sommessa e a volte rotta dalla commozione, alla chiusura di tutte le celebrazioni. Tuttavia la Santa Madre rimarrà  visibilmente  esposta ed illuminata. Forse saranno  i momenti più belli, quando nessuna confusione potrà turbare il silenzio nella Cattedrale, e sarà proprio nel silenzio che le nostre preghiere avranno sentimenti più veri.

 

(foto di Luigi Ezio)