Sulla parte più alta di Vieste, quasi a sovrastare il tetto dell’intera città, si erge maestoso il campanile della Basilica Cattedrale . Gli fa da contrapposizione solo l’antico baluardo del castello, voluto da Federico II, per dare alla “sperduta” ed antica Vieste un senso di sicurezza ai cittadini, che troppe volte venivano presi d’assalto da navi turche, da corsari e da briganti.
Il Campanile della Cattedrale, la cui forma originaria in stile romanico, era diverso dall’attuale, venne ricostruito nel 1772 in stile barocco a seguito di ripetuti eventi nefasti, come i saccheggi attuati dai saraceni nel 1480 e 1554 e il devastante terremoto del maggio del 1646 che si abbatté sulla città di Vieste. La Cattedrale, molto più ricca di ornamenti rispetto ad oggi, ha subìto negli anni modifiche che ne hanno alterato le sue sembianze originarie. Le varie vicissitudini provocarono la sua parziale distruzione insieme all’intera facciata principale del tempio.
Attualmente il campanile termina con una forma a “cipolla”, Con l’esplosione del barocco nel 1600, i campanili infatti assumono forme molto varie. Siano campanili a torre, a facciata o a vela, tutti hanno stucchi e decorazioni fantasiose e originali. In quel periodo si diffonde anche il gusto (tipico delle chiese ortodosse) di ornare la sommità dei campanili con una cupola a forma di cipolla, che ricorda la fiamma di una candela. Ben si armonizza con il centro storico della città. Ma la sua base, molto possente, appare vuota di ornamenti. La parte intermedia, sino a raggiungere la sommità, appare più ricca di fregi e di capitelli (ai quattro lati) tanto da dare un aspetto coregrafico a tutto il manufatto. E’ posto nelle immediate vicinanze di un’altra antica chiesa, ora sconsacrata e destinata ad auditorium, di san Giovanni Battista conosciuta anche come Chiesa del Purgatorio, di cui la facciata ricorda a tratti lo stesso campanile della Cattedrale.
La sua base è quadrangolare e, ricostruita in epoche ed anni successivi, presenta diversi rimaneggiamenti.
All’interno della Chiesa, proprio a ridosso della parete del campanile che guarda verso nord, in una nicchia è riposta l’antica e venerata statua di Santa Maria di Merino. Nella parte immediatamente superiore della nicchia vi è una finestrella bilobata. Non si capisce bene il significato di questa finestra, molto sproporzionata e piccola. Probabilmente una piccola feritoia per dare aria alla Chiesa che, in seguito alla edificazione della cappella dedicata a Santa Maria, è rimasta chiusa concedendone appena la visione .
Nella parte superiore del campanile, alte e sonanti, sono poste le campane che, quando suonano a festa, danno un senso di serenità all’intera città. La sua posizione, molto spesso aiutata dal vento sciroccale o di tramontana, permette che il suono delle campane si perpetri fino all ‘intera pianura, oggi edificata , del pantanello o della scialara, ma che un tempo erano zona acquitrinose, forse ricche di malaria, dove i contadini avevano piccoli appezzamenti e i mandriani allevavano vacche e capre.
Ancora poco prima di arrivare sulla cima del campanile, sovrastata da una antica croce di metallo, quattro oculi posti sui quattro lati (finestrelle rotonde tipiche dell’ architettura del barocco) ,mostrano le loro ricche cornici con stucchi a motivi floreali e vegetali. L’oculo si distingue dal rosone principalmente per le dimensioni ridotte. La loro sistemazione, oltre a dare una particolare armonia ,permette alla luce del giorno ,di illuminare la tortuosa e stretta scalinata che porta alle campane, dando la possibilità di godere (ma per motivi di sicurezza l’accesso non è permesso ai non addetti) panorami mozzafiato .
I rintocchi delle campane scandiscono il tempo che arriva e che va. Ma anche questo fa parte dell’attività di un paese laborioso dedito principalmente al turismo, che una volta salutavano il marinaro e il contadino che si avviavano verso il proprio lavoro, o che invitavano la donna umile del tempo, prima di dedicarsi alle faccende quotidiane della casa, ad ascoltare la Messa mattutina che si celebrava con le prime luci dell’alba in rigoroso latino. Nel frattempo “rumori e frastuoni”, finivano di svegliare la gente viestana un tempo genuina e “di poche pretese”