Come tutte le tradizioni locali, anche le notizie riguardanti la storia della Madonna di Merino sono composte da realtà e fantasia. Sulle sue origini nulla è dato per certo, nonostante le ricerche di i studiosi che, nel corso dei secoli, hanno ipotizzato teorie vicini il più possibile alla storia vera. C’è chi garantisce che il simulacro della Vergine di Merino sia stato ritrovato sulla spiaggia isolata ed assolata di scialmarino, cui è seguita una contesa tra peschiciani e viestani per poter stabilire chi dei due paesi sarebbe divenuto il fortunato possessore. C’è chi ipotizza che la scultura (in legno di tiglio) provenga dalla scuola napoletana del cinque-seicento (notizia sicuramente più attendibile) e che la commissione sia avvenuta dopo la parziale distruzione della cattedrale viestana ad opera di corsari turchi, dopo che un evento miracoloso aveva preservato dal fuoco una precedente statua molto più piccola e meno bella. Qualora questa ipotesi sia vera ci chiediamo perché la prima non sia stata accuratamente conservata, (considerata la sua importanza storica legata al miracolo ?). C’è chi infine inventa storie minute e delicate per comunicare ai posteri la bellezza della statua attuale poggiata sulle sue ginocchia, che guarda il cielo in segno di sottomissione al volere di Dio che, tramite l’arcangelo Gabriele, le aveva appena annunciato che sarebbe stata la Madre di Gesu’.
Verso la statua di Merino il viestano ha speso le proprie energie da sempre. Ma ha speso anche il sostegno economico già povero nei tempi passati. E dalla fede si è passati all’arte.
Si parla proprio di arte quando si è di fronte al prestigioso baldacchino processionale in oro zecchino la “cascia nova”, che trasporta la Madonna nel giorno della sua festa. Nel 1848 i vinattieri della città donarono alla Madonna la Cassa grande per solennizzare maggiormente il corteo processionale e, con l’espansione urbanistica di Vieste fuori le mura, (il quartiere murattiano e l’adiacente corso Lorenzo Fazzini) il Comitato feste dell’epoca, su volere del popolo, fece erigere la Pietra Grande nel 1896 per favorire il cambio della Cassa e prolungare il tragitto processionale con quella di campagna.
La cassa grande è un capolavoro d’arte che tanti possono ammirare durante la visita in cattedrale. Formata da quattro colonne di stile corinzio, caratterizzate da elementi di ordine ionico e sormontate da capitelli decorati da foglie d’acanto. Le stesse sono il sostegno di tutta la struttura. Le colonne anteriori sono intere. Quelle posteriori sono quasi delle semicolonne dove la parte posteriore va a perdersi con la parete cui viene collocata la venerata statua, tramite un gancio, per scongiurare una eventuale caduta durante gli spostamenti. La parete è disegnata a motivi floreali il cui prevalente colore celeste tenue mette in risalto tutta la bellezza della sacra scultura.
Nella parte superiore lo Spirito Santo campeggia sotto forma di colomba. Tre stelle turchesi sono poste in rilievo ai due lati, e le stesse, quattro nella parte centrale, circondano la sigla centrale AM (Ave Maria). Sull’estrema sommità rilievi ed intarsi mostrano tutta l’importanza nella somiglianza di una grande corona che ricopre l’intera struttura e che nella guglia termina con una grande croce dorata. Tutto è arricchito da una fila di pendagli, posti a mo’ di frangia, che impongono una particolare eleganza .
Durante il percorso processionale la cassa è sorretta da quattro o sei confratelli della congrega di Santa Maria e della Madonna del Rosario. Ad essi è affidato il non facile compito di portare a spalla questa struttura, pesante e grande. A loro è demandato il compito di porre la massima attenzione per non provocare danni durante il trasferimento mentre attraversano i vicoli molto stretti del centro storico. Ma in loro non avanza mai la stanchezza ma solo la certezza di avere avuto l’onore di essere stati artefici di questa grande processione.