Girando per le vostre case molti ci danno la loro offerta ringraziandoci per quello che facciamo. Tanti non ci aprono affatto forse perchè non sono in casa o forse perchè non possono o non vogliono contribuire. Alcuni ci chiedono se valga ancora la pena organizzare feste cittadine e patronali, visto che ogni occasione è buona per fare festa o che la gente non riesce più a contribuire come era un tempo non troppo lontano. Ai loro interrogativi vogliamo rispondere con l’articolo che segue.Una risposta adeguata a tante esigenze scritta dalla pedagogista Graziella Favaro.
Da sempre gli uomini e i gruppi sociali sentono il bisogno di interrompere lo scorrere del tempo e la quotidianità degli eventi con momenti di festa e di celebrazione, di gioco e rito collettivo. La festa è così al tempo stesso un’occasione di discontinuità nel tempo, che definisce un prima e un dopo, e un elemento di continuità e riconoscimento, dal momento che ciclicamente rinsalda i legami, attribuisce al tempo regolarità e ritorni. Celebrare, ricordare, progettare le feste: sono avvenimenti che segnano le storie individuali e collettive come una sorta di punteggiatura che scandisce il racconto e le biografie di ciascuno. Ognuno ha una riserva di memoria collegata alle feste che ha vissuto e uno spazio interiore di attese e desideri collegati alle feste che sono ancora di là da venire. Si fa festa per ringraziare, per accogliere, per propiziare passaggi, scelte e cambiamenti; si fa festa per ritrovare riti e gesti, vivificare simboli e significati. La festa può essere espressione individuale o collettiva di gratitudine per quanto si è ricevuto – pensiamo, per esempio, agli antichi riti per la mietitura e il raccolto – o espressione di attese e voti, di preghiera e speranza – pensiamo, per esempio, alle feste della nascita o a quelle dei nuovo anno.
Con il tempo può succedere che il significato della festa resti sullo sfondo o diventi via via più opaco e si fissino pratiche e abitudini sulle quali non ci s’interroga più e che rischiano di diventare iterazioni talvolta povere di senso. In ogni caso, i cambiamenti sociali e culturali e le scelte individuali modificano profondamente il modo di festeggiare, i riti, i gesti e le procedure.
Quando la festa è collettiva e coinvolge tutta la comunità, l’aspetto della ritualità è più rigido e prescrittivo; quando la festa è individuale o familiare, i modi del fare festa seguono maggiormente i desideri e le decisioni dei protagonisti e si possono fortemente discostare dai modelli tradizionali e consolidati.
Se volessimo elaborare una sorta di mappa concettuale della festa, vengono immediatamente in primo piano i due diversi significati di festivo e di festoso, che rappresentano le facce della stessa medaglia. Festeggiare significa infatti, da un lato, evocare e celebrare la dimensione ontologica, del sacro e dei valori di riferimento; dall’altro lato, significa introdurre nella quotidianità gli aspetti ludici, del gioco, del divertimento, della vacanza. La festa e i modi di far festa sono temi privilegiati di una didattica interculturale che si propone di favorire lo scambio, la narrazione e l’incontro tra infanzie, storie, dal momento che, attraverso di essi, si possono introdurre gli elementi dinamici e vissuti, sia riferiti alla cultura materiale (il cibo, gli addobbi, i segni … ), sia riferiti alla cultura “alta” (i riti, i significati, i simboli, la scrittura … ). Ogni bambino che viene da lontano ha un proprio patrimonio di date, eventi, occasioni di festa che rimandano alle tappe della vita, alla sua appartenenza familiare o di comunità, ai legami con il passato e alla scansione del presente.
Se vogliamo delineare una sorta di tipologia delle feste, troviamo innanzitutto gli eventi a carattere religioso che definiscono lo scorrere del tempo e il calendario, rinsaldano le appartenenze e attribuiscono identità e condivisione al gruppo. Anche le feste civili e nazionali hanno lo scopo di ritessere i legami comunitari, di far sentire ognuno partecipe di una celebrazione che riguarda un territorio, la sua identità, gli eventi che hanno segnato la sua storia. Vi sono poi le feste familiari e personali che hanno a che fare con le tappe della vita, con il diventare grandi, con la nascita, i passaggi e i legami affettivi. Protagonisti sono, in questo caso, non più le comunità nazionali o religiose che si riconoscono nella medesima appartenenza, ma i singoli che occupano la scena della festa e richiamano per un po’ l’attenzione su di sé.
Far festa implica, oltre all’evocazione della dimensione temporale – di discontinuità e di ritorno ciclico – la presenza di un gruppo con il quale celebrare e condividere: un gruppo familiare, comunitario, nazionale. Come una goccia d’acqua che riflette il mondo, la festa ripropone dunque il prisma della vita e dei suoi significati, la sua straordinarietà e la sua quotidianità, definisce e ridefinisce il posto di ciascuno e conferma il ruolo della comunità e dell’appartenenza.
Graziella Favaro