Chi ha scattato questa foto tanti anni fa , per riprodurre successivamente una cartolina, unico mezzo disponibile di allora per pubblicizzare il mare di Vieste, non avrebbe mai pensato che molto sarebbe cambiato, tranne quei timidi “palazzi nuovi” del Lungomare Europa o i “quattro palazzi”, sperduti in fondo alla strada tra campagne e solitudine, quasi a voler presagire che in quel punto Vieste sarebbe terminata ,e da quel punto Vieste avrebbe cominciato il proprio successivo sviluppo .
La spiaggia di San Lorenzo, che i più conoscevano come “u scial Cummend” era anche l’inizio del pellegrinaggio verso Santa Maria nel grande giorno della festa, subito dopo essersi disciolta la processione e i Santi erano stati trasportati nella Chiesa “du Cumment”. Cosi lo è stato da sempre attraverso i secoli di cui, purtroppo, non potremo avere mai nessuna immagine, se non quei pochi antichi scatti che forse qualcuno conserva nel segreto del proprio archivio.
La spiaggia solitaria di San Lorenzo,anche nei giorni pieni dellì’estate, era una distesa di rena finissima, ma anche un mescolio di catrame proveniente dai pescherecci, oppure dal fiumiciattolo di olio di sansa che si formava durante i mesi invernali dal soprastante frantoio e che sversava li’ tutti i reflui, ( e l’immagine di questa cartolina è una eloquente dimostrazione). Tante cose che allora erano possibili o forse legittime, oggi sono impensabili!!
Nella festa di Santa Maria la gente si scalzava, non appena imboccava via Pelagosa, perché aveva un gran bel camminare sulla sabbia o anche nel mare. Qui la spiaggia a tratti era molto assottigliata. Da San Lorenzo in poi , fino al raggiungere dei “renazzi” i piedi si impolveravano, come pure la statua di Santa Maria, perché da quel punto il pellegrinaggio era svolto su strada sterrata bianca. Ma quando si riprendeva il mare tutto diventava un nuovo e diverso mondo e sulla spiaggia di Scialmarino si sviluppavano dune sabbiose e crescevano a dismisura profumati gigli di spiaggia.
La Madonna veniva trasportada dalla gente, ma facevano coreografia i tanti gabbiani per nulla spaventati, il rumore del vento e il frastuono del mare. Tutto si confondeva con la preghiera e con i canti dettati dal cuore di Lucrezia Ze ghatt e di Tattea Trasor. Le ragazze che seguivano con loro sarebbero state le maestre di oggi o di un ieri appena trascorso, di cui rimangono i volti e le voci nei timidi ricordi della nostra fanciullezza o della nostra età matura.
Un grazie lo dobbiamo al fotografo perché attraverso questa cartolina, pur senza notarla, ci ha fatto ricordare o sognare come era bella e genuina la nostra festa, anche quando alla povertà non si concedeva nulla, ma solo infiniti istanti di serenità